Ciò che ha maggiormente colpito nel concerto è la naturalezza, la capacità di proporre grande musica, tenendo ben presente le proprie origini musicali, innovando ed arricchendo il progetto iniziale, senza però snaturarne lo splendido patrimonio genetico di chiara matrice “Americana”. Questa doverosa premessa per riconoscere ai pesaresi “Cheap Wine” la ‘diamantina’ coesione di gruppo, il prezioso contributo dei singoli al “sogno” comune . La parte ritmica affidata ad Alessandro Grazioli, basso ed Alan Giannini, batteria riesce a sostenere con forza, precisione e fantasia il notevole ricamo delle Fender Telecaster dei fratelli Michele e Marco Diamantini, mentre il tastierista Alessio Raffaelli ha impreziosito con interventi di sostanza e colore il suono underground delle passate stagioni. Sul palco i cinque hanno riproposto per intero l’ultimo “Based on Lies”, uscito nel 2012, lavoro che li ha consacrati, ottenendo consensi unanimi dall’intera stampa specializzata. Trovandoci in territorio montuoso, come brano per aprire la via all’arrampicata sonora è stato designato il brano omonimo, con il quale si sottolinea il momento storico che stiamo vivendo, basato su menzogne, ipocrisie ed inettitudini, fattori fondanti e aggravanti di un periodo storico assai buio. Dovendo dividere l’ascesa in due settori, la prima parte è stata caratterizzata da un ‘passo’ moderato in cui Marco Diamantini ha addolcito i toni con la sua Taylor acustica. La sequenza contenente: “A pig on a lead” ispirata ad un evento con protagonista il partigiano faentino Silvio Corbari, “The big blow”, “La buveuse” ispirata al celebre dipinto di Toulouse Lautrec, ”Lover’s Grave” ballata giocata tra chitarra e tastiere come la successiva “The stone” degna del miglior desert-rock dei primi Calexico, hanno permesso al pubblico di prendere confidenza con l’altitudine. La ‘guida’ Michele Diamantini a questo punto ha imposto il ‘passo spedito’ con “Mary”, possente cavalcata elettrica con Neil Young e Crazy Horse nel cuore, seguita da “Breakaway” frizzante come l’aria d’alta quota e “The sea is down” caratterizzata da una slide in perfetto Diamantini style. Tra speroni “Give me Tom Waits”, dolci avvallamenti “On the way back home” e paura di precipitare “Waiting on the door”, la vetta si è infine svelata nella sua bellezza eterea ed i nostri attingendo le ultime energie da “Freak show” album del 2007 hanno piantato il vessillo del ROCK intonando da ultimo un inno eterno, quel “Continuiamo a fare rock nel mondo libero” della guida di mille ascensioni Neil Young. Le mete che i “Cheap Wine” hanno raggiunto sono il frutto di duro lavoro, da band indipendente, salita senza ausilio di sherpa o bombole d’ossigeno, solo con dotazioni proprie, cuore, polmoni e cervello, alla Walter Bonatti per intenderci.
(Aldo G. - Ufficio Stampa Q.M.live)

www.quadratomagico.net